L’internazionalizzazione e le imprese italiane. Gli accordi internazionali di mutuo riconoscimento tra l’UE e i paesi firmatari promuovono il libero scambio, con effetti positivi sull’export. Un’adeguata informazione sui requisiti di qualità, sulle certificazioni accreditate richieste e sulle opportunità che ne derivano, è un fattore chiave per il successo delle imprese sui mercati esteri. Ne parliamo con il dott. Riccardo Landi, dirigente dell’Agenzia ICE, in occasione della Tavola Rotonda organizzata da Accredia lo scorso 14 maggio per la presentazione dell’Osservatorio “Commercio internazionale, il valore dell’accreditamento e della normazione” .
Cosa si intende per internazionalizzazione delle imprese?
E’ un concetto ampio, che dal 1926, anno di nascita dell’ICE, si è esteso fino a comprendere, accanto all’obiettivo originario di favorire l’esportazione, diverse attività. Tra queste: il sostegno del radicamento produttivo e commerciale all’estero, tramite la costituzione di reti distributive che consentano anche alle piccole e medie aziende di penetrare al meglio i mercati, e la promozione dell’import strategico, che aiuta le imprese ad avvalersi di materie prime e semi-lavorati acquistati sui mercati internazionali per razionalizzare e migliorare la propria catena produttiva. Vi rientrano anche le politiche e le azioni di attrazione degli investimenti esteri in Italia, sia investimenti produttivi che acquisizioni finanziare, laddove queste rendano più efficienti le aziende italiane.
In che modo l’ICE supporta le imprese che intendono esportare?
Nel novero delle imprese italiane che si rivolgono all’estero troviamo la grande azienda, strutturata ed esperta, ma anche la piccola, che non sempre possiede una conoscenza approfondita delle problematiche, né di tutte le opportunità. Le barriere non tariffarie possono ostacolare l’accesso a un mercato, se il prodotto non è conforme ai requisiti di qualità richiesti dalle norme del paese di destinazione.
Il panorama è vario, e se in alcuni casi è sufficiente la certificazione ISO, per alcune tipologie di prodotti e alcuni mercati è prevista la certificazione locale come requisito obbligatorio. Le imprese che incontrano difficoltà nell’adeguamento o nel reperire le informazioni necessarie, possono rivolgersi agli uffici ICE – 78, in tutto il mondo – per ottenere assistenza. Anche in presenza di accordi di mutuo riconoscimento delle certificazioni, un supporto può essere determinante. Il successo delle aziende è proporzionale al loro grado di conoscenza delle facilitazioni introdotte, e delle procedure amministrative da seguire per ottenere tutti i vantaggi di cui possono godere.
Gli accordi commerciali bilaterali dell’UE abbattono le barriere non tariffarie e facilitano il libero scambio. Un accordo di questo tipo è quello con il Canada. Quali sono gli effetti di questi accordi e quali settori in Italia ne beneficiano maggiormente?
L’accordo con il Canada è in vigore dal 2017 e già i macro numeri delle autorità doganali canadesi ci dicono che dal 2016 al 2018 l’import canadese dal mondo è cresciuto del 10%. Questo dato è ancora più significativo se letto in rapporto all’andamento, negli stessi anni, degli interscambi mondiali. Nello stesso biennio l’import del Canada dall’Europa è aumentato poco meno del 20% e l’import dall’Italia del 20%: ciò significa che l’Italia ha guadagnato quote di mercato in Canada. Per il settore agroalimentare, in particolare, le statistiche danno un aumento dell’import anche superiore al 20%.
In linea generale, gli accordi prevedono misure di base che facilitano tutti i settori. Il resto dipende dal mercato. Se su un mercato c’è una domanda potenziale alta per motivi sociali o abitudini all’acquisto, l’abbattimento delle misure non tariffarie può determinare un rapido aumento dell’import. Tornando al Canada, la domanda potenziale di prodotti agroalimentari italiani era alta, anche per la presenza di una componente etnica italiana nella popolazione canadese. Prima dell’accordo i consumatori si rivolgevano all’Italian sounding, cioè a quei prodotti esteri che per nome, colori, ecc. richiamavano un prodotto italiano, ma con una qualità e un prezzo inferiori. Ora, grazie all’abbattimento dei dazi e delle misure non tariffarie, il prezzo dei prodotti italiani diventa più competitivo, e questo evidentemente ne facilita l’acquisto. Va anche detto che i negoziatori del Ministero degli Esteri, nell’ambito del gruppo di lavoro dell’UE, richiedono sempre l’inserimento negli accordi di clausole che combattono l’Italian sounding quale concorrenza sleale.
Un altro accordo importante è quello con il Giappone, entrato in vigore da qualche mese. Prima le barriere non tariffarie avevano un impatto molto alto sul costo del prodotto finale importato dall’Europa, dell’ordine del 10-30%, a seconda dei settori. Anche qui possiamo aspettarci a breve risultati significativi a vantaggio delle imprese italiane esportatrici.
In concreto, che vantaggi hanno le imprese italiane che applicano gli standard internazionali e beneficiano del mutuo riconoscimento delle certificazioni accreditate?
Gli accordi di mutuo riconoscimento hanno ricadute positive sotto tanti punti di vista. Per rendere la cosa più evidente farei l’esempio del Brasile, paese che ancora non gode appieno di questi vantaggi e nel quale ho lavorato. Fino ad alcuni anni fa, per esportare un prodotto agroalimentare di origine animale (esempio latticini, salumi) in Brasile, era necessaria tra le altre cose una missione dell’ente di certificazione fitosanitaria brasiliano in Italia, per certificare il processo produttivo secondo la normativa brasiliana e ottenere l’autorizzazione a esportare. A fronte di una procedura così lunga e dispendiosa per il potenziale esportatore, molte aziende preferivano rinunciare al mercato brasiliano. A livello generale, un accordo di libero scambio con mutuo riconoscimento delle certificazioni di qualità o fitosanitarie, sicuramente semplifica tutto, in termini di procedure, tempi e costi.
Fonte: Accredia