Il mondo dell’industria sta attraversando una rivoluzione, la quarta dal XVIII secolo ad oggi, dopo la scoperta dell’energia meccanica, l’affermarsi della produzione di massa e l’avvento dei computer. Siamo nell’era dei “big data”, dei sistemi ciberfisici, dell’interconnessione globale. Il Piano Industria 4.0 inserito nella Legge di stabilità 2017 ha introdotto incentivi per le imprese che investono in nuovi beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi. L’intento è supportare gli imprenditori che decidono di cavalcare il mutamento in atto, andando verso l’integrazione delle nuove tecnologie e l’automazione della produzione. Il volume degli investimenti finora registrato grazie agli incentivi si attesta intorno ai 15 milioni di euro; 5 sono gli organismi accreditati al rilascio delle attestazioni di conformità ai sensi della legge di bilancio 2017, obbligatorie per i beni di valore superiore ai 500 mila euro.
Ne parliamo con Bruno Panieri, direttore delle Politiche economiche di Confartigianato e Vicepresidente di Accredia.
Come stanno reagendo le imprese al Piano Industria 4.0?
C’è un clima di generale soddisfazione. Il programma del governo interviene in una fase di ripresa degli investimenti da parte delle imprese che stanno ritrovando fiducia nell’immediato futuro. Il meccanismo degli incentivi è strategico perché orienta gli investimenti verso l’economia digitale, che rappresenta un’occasione formidabile di ri-posizionamento sul mercato, non solo per le grandi aziende. Anzi, in un Paese di impresa diffusa come il nostro, la digitalizzazione è un fattore abilitante indispensabile per le piccole imprese, che possono riorganizzare i processi e ripensare il proprio modo di essere presenti sul mercato. L’impiego del commercio elettronico per la distribuzione, o il ricorso alle tecnologie che consentono la produzione a distanza, permettono ai piccoli produttori – pensiamo al manifatturiero, all’artigianato di qualità, al Made in Italy – di assumere una dimensione globale che altrimenti gli sarebbe preclusa. Se per le grandi imprese Industria 4.0 è l’occasione per robotizzare le fabbriche e aumentare la produttività, per le piccole può costituire davvero una rivoluzione.
Cosa differenzia questi incentivi da quelli degli anni passati?
Innanzi tutto sono molto semplificati, a basso tasso di burocrazia. Rispetto alle precedenti politiche industriali, che seguivano la logica dei bandi e della selezione dei beneficiari, Industria 4.0 è un cambio di passo significativo perché si basa sul credito d’imposta, cioè su uno strumento automatico e tecnologicamente neutro. La Legge di stabilità 2017 fissa un perimetro, peraltro assai ampio, all’interno del quale è l’imprenditore a scegliere quale investimento fare, e nel caso di beni di valore inferiore a 500 mila euro, per accedere all’incentivo è sufficiente un’autodichiarazione. La responsabilizzazione dell’impresa è forse l’aspetto più significativo di questa nuova stagione di incentivi.
Per i beni al di sopra di 500 mila euro invece è obbligatoria la perizia tecnica giurata o l’attestazione di conformità da parte di un organismo di certificazione accreditato.
Sì, per legge un bene di valore superiore ai 500 mila euro deve essere accompagnato da una perizia di un professionista o da una dichiarazione di compliance rilasciata sotto accreditamento, che garantisca che il bene risponde alle caratteristiche tecniche fissate negli allegati A e B della Legge di stabilità 2017 e che sia interconnesso ai sistemi di gestione della produzione. Tuttavia nel documento “Industria 4.0: Guida pratica all’attestazione di conformità”, realizzato insieme a Conforma – Associazione che rappresenta tra i più importanti organismi di certificazione e ispezione, oltreché i laboratori di prova e taratura – noi facciamo un passo ulteriore rispetto alla legge, sostenendo l’opportunità di far asseverare anche gli investimenti inferiori ai 500 mila euro. L’incentivo automatico mediante credito di imposta presenta l’indubbio vantaggio di essere di immediato accesso, ma l’imprenditore si accolla il rischio di doverlo restituire nel caso in cui l’agenzia delle entrate, a posteriori, giudichi il bene non eleggibile. La dichiarazione di conformità accreditata è uno strumento di garanzia che mette al riparo gli investimenti e dà maggiore serenità all’imprenditore, anche per l’accesso al credito. Se non obbligatoria, quindi, è quanto meno auspicabile anche al di sotto della soglia di valore prevista dall’ultima legge finanziaria.
Il Piano Industria 4.0 equipara, ai fini degli incentivi, perizia giurata e dichiarazione di conformità accreditata. Quali sono le differenze tra questi due strumenti per le imprese?
La perizia giurata si limita a dichiarare la conformità di un bene ai requisiti stabiliti dalla norma. E’ un intervento una tantum, indipendente da qualsiasi processo. Al contrario, la dichiarazione di conformità accreditata va oltre la contingente esigenza amministrativa legata all’incentivo. Se integrata nella logica aziendale, diventa uno strumento di lavoro per gli imprenditori e comporta un beneficio duraturo, con impatti sullo sviluppo di medio/lungo periodo. Anche per un’impresa già certificata, magari per il sistema di gestione, l’attestazione di conformità rappresenta un’opportunità in più. Poiché l’organismo conosce già i suoi processi per averli certificati, la dichiarazione di compliance può inserirsi quale strumento efficace di accompagnamento e di garanzia degli investimenti 4.0. L’imprenditore dotato di una visione più ampia, capace di integrare le esigenze connesse all’incentivo con le potenzialità della certificazione accreditata, può agire non solo nella logica dell’innovazione tecnologica, ma anche in quella di una conversione del processo. Individuare i punti critici aiuta a scongiurare il rischio di digitalizzare l’inutile e consente di attraversare la trasformazione tecnologica in atto andando verso una maggiore sicurezza e sostenibilità dei processi produttivi.
Il ruolo degli organismi accreditati
Accredia ha specificato nella circolare DC N° 09/2017 le modalità per l’accreditamento degli organismi che intendano rilasciare attestati di conformità ai sensi dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2017, che si basano sulle norme di accreditamento ISO/IEC 17020 (ispezione), ISO/IEC 17021 (sistemi di gestione) e ISO/IEC 17065 (prodotti e servizi).
La certificazione accreditata nel contesto Industria 4.0: i dati
5 organismi di certificazione e ispezione già accreditati per il rilascio delle attestazioni di conformità ai sensi della Legge di bilancio 2017;
2 organismi in fase di accreditamento;
30 (circa) imprese che si sono rivolte a ogni organismo accreditato.
Questa lenta partenza è dovuta a una fase di rodaggio iniziale, durante la quale le imprese hanno incontrato difficoltà nell’individuazione dell’oggetto dell’incentivo. Le linee guida del Mise e dell’Agenzia delle Entrate pubblicate a marzo, e la successiva Circolare Accredia DC N° 09/2017 per la definizione delle regole di accreditamento degli organismi, sono intervenute per fare chiarezza.
15 ML€, con picchi di 25ML€, il valor medio degli investimenti sui macchinari di valore superiore ai 500 mila euro, per i quali la certificazione è obbligatoria. La maggioranza delle richieste pervenute riguarda macchinari di valore inferiore a 500 mila euro, per i quali la certificazione non è obbligatoria.
Un dato che conferma la fiducia delle imprese nelle attività di verifica svolte sotto accreditamento.
Fonte: Accredia